Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me. Queste due cose io non ho bisogno di cercarle e semplicemente sup­porle come se fossero avvolte nell’oscurità, o fossero nel trascendente, fuori del mio orizzonte; io le vedo davanti a me e le connetto immediatamente con la coscienza della mia esistenza. (Immanuel Kant in Critica della ragion pratica).

Immanuel Kant non è certo passato alla storia come Cristiano fervente. È generalmente ritenuto un agnostico. Tuttavia, questa sua citazione presa dal suo lavoro Critica alla ragion pratica ha catturato la mia attenzione, perché le due cose che provocavano in Kant ammirazione e venerazione crescente sono due cose che nelle Sacre Scritture sono citate come aventi un ruolo chiave nel modo in cui Dio ha reso manifesta la sua esistenza all’umanità che è da Egli separata a causa del peccato.

Il cielo stellato sopra di me

I cieli raccontano la gloria di Dio e il firmamento annuncia l’opera delle sue mani. (Salmi 19:1) L’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l’ingiustizia; poiché quel che si può conoscere di Dio è manifesto in loro, avendolo Dio manifestato loro; infatti le sue qualità invisibili, la sua eterna potenza e divinità, si vedono chiaramente fin dalla creazione del mondo, essendo percepite per mezzo delle opere sue; perciò essi sono inescusabili, (Romani 1:18-20)

Aveva decisamente ragione Kant ad ammirare la meraviglia dei cieli. La Parola di Dio afferma ampiamente che la creazione è uno dei modi in cui Dio compie ciò che teologicamente viene detta rivelazione generale: ovvero la rivelazione indiscutibile della sua esistenza. Quale migliore parte della creazione se non “i cieli” (l’universo) nella sua magnificenza e immensità per ricordare all’uomo che è Dio «che ha fatto il cielo e la terra, il mare e tutto ciò che è in essi;» (Salmi 146:6)? Quanto è vera la scrittura che dice: Lo stolto ha detto in cuor suo: «Non c’è Dio». (Salmi 14:1); l’uomo è veramente inescusabile nella sua ostinazione a negare l’esistenza di Dio.

La legge morale in me

Infatti quando degli stranieri, che non hanno legge, adempiono per natura le cose richieste dalla legge, essi, che non hanno legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge comanda è scritto nei loro cuori, perché la loro coscienza ne rende testimonianza e i loro pensieri si accusano o anche si scusano a vicenda. (Romani 2:14-15)

Dio ha dato una coscienza agli uomini dove giusto e sbagliato sono stati scritti. Fa parte dell’immagine di Dio nella quale siamo stati creati; e anche se quest’immagine è stata rovinata (Genesi 3), l’uomo ha ancora dentro di sé una coscienza morale, sebbene la sua natura peccatrice non gli permetta di obbedire tale legge morale perfettamente e ha quindi bisogno di un Salvatore. Al contrario della maggioranza dei “nuovi atei”, Kant provava un giusto stupore riguardo l’innato senso morale dell’uomo. Infatti, se Dio non esistesse, tale senso morale sarebbe totalmente inspiegabile e senza senso. Ancora di più, senza un essere superiore e imparziale che avesse impartito una legge morale, non ci sarebbe alcuna ragione per cui l’uomo debba avere una condotta morale: giusto e sbagliato non avrebbero senso alcuno e diverrebbero, pericolosamente, solo delle opinioni personali. Che è esattamente ciò che osserviamo nella società occidentale che si definisce post-cristiana.

Conclusioni

Molti oggi riflettono sulle stesse cose su cui rifletteva Kant, ma come o peggio di lui, falliscono nell’arrivare alla giusta conclusione: la creazione e la coscienza morale dell’uomo sono prova dell’esistenza di Dio, messe lì dall’Onnipotente per spingere noi a cercare Colui dal quale siamo separati. E questa ricerca, quando sincera, porta soltanto al Dio che ha rivelato sé stesso in Gesù per riconciliare la ribelle umanità a sé.