Tra alcuni dei nostri fratelli esiste un’idea piuttosto peculiare. Sembrano nutrire il timore che la predicazione della grazia pura e incontaminata possa sviare il gregge, come se fosse il richiamo di una sirena alla dissolutezza. Permettetemi di illustrare la follia di questo pensiero con una semplice analogia.

Considerate, come suggerito dal nostro fratello Shawn Lazar, un matrimonio di lunga data. Immaginate un marito e una moglie che hanno superato insieme le tempeste della vita per quasi due decenni. Il loro legame è di completa fiducia, il loro impegno incrollabile. Si muovono nella vita come una cosa sola, ciascuno anticipando i bisogni dell’altro con un’intuizione quasi misteriosa. Ora, vi chiedo: il marito, sicuro della conoscenza dell’amore incrollabile della moglie, si ritrova improvvisamente sopraffatto dall’impulso di tradirla? La sua incrollabile fedeltà gli ispira il desiderio di infedeltà?

Solo l’idea è assurda, non vi pare? In effetti, il contrario si dimostra vero. Più profondamente si è amati, più ardentemente si desidera dimostrare di essere degni di quell’amore. È una curiosa alchimia del cuore, dove la devozione genera devozione e la fiducia genera fiducia.

E così è, sostengo, con la grazia del nostro Signore. Proprio come la fedeltà di un coniuge ispira fedeltà a sua volta, così anche la grazia sconfinata di Dio suscita in noi il desiderio di rettitudine. Non è per paura della punizione che ci sforziamo di vivere vite devote, ma per una profonda gratitudine per l’amore che abbiamo ricevuto così liberamente.

Ho osservato, nei miei viaggi e nelle mie conversazioni, il potere trasformativo di questa grazia quando viene predicata senza riserve. Non porta, come alcuni temono, al decadimento morale; non costituisce una licenza per peccare. Piuttosto, agisce come un balsamo per le anime ferite, avvicinandole sempre di più a Dio.

Mettete a confronto ciò, se volete, con quello che ho iniziato a definire “amore finto”, quella forma insidiosa di legalismo che si maschera da preoccupazione per il proprio benessere spirituale. È davvero una pessima imitazione, che allontana proprio le anime che afferma di nutrire. Mi chiedo se molte chiese non si siano svuotate proprio a causa di questa falsa e infame dottrina, banchi lasciati vuoti non da una perdita improvvisa di fede, ma da cuori feriti dal giudizio e dall’accettazione condizionata.

Non dimentichiamo, nel nostro zelo di salvaguardare la moralità, l’essenza stessa della nostra fede. La grazia di Dio, come l’amore di uno sposo fedele, non richiede la perfezione come prerequisito. Ci incontra dove siamo, in tutta la nostra umanità imperfetta, come Gesù a tavola con peccatori, pubblicani e prostitute. E ci guida dolcemente verso l’ideale divino.

In chiusura, vi imploro di considerare: cosa è più probabile che ispiri vera devozione: la minaccia costante del rifiuto o la certezza di un amore incrollabile? Abbiamo il coraggio di predicare la grazia in tutto il suo potere radicale e trasformativo. Perché non è attraverso il nostro impegno che siamo resi giusti, ma attraverso l’amore meraviglioso e insondabile di un Dio che ci ama anche nella nostra imperfezione, custodendo per sempre le vite di quelli che hanno creduto, a qualsiasi condizione.