Sono nato e cresciuto a Napoli, in un contesto moderatamente cattolico. Crescendo, ho sviluppato un profondo apprezzamento per la matematica e le scienze, che mi ha portato naturalmente a studiare informatica all’università. La mia formazione scientifica non è mai stata un ostacolo significativo alla fede; anzi, ricordo di essere stato fermamente convinto di vedere chiare prove di progettazione intenzionale nella creazione stessa.
Il mio cammino verso la fede ha preso una svolta decisiva durante gli anni trascorsi nel Regno Unito, dove alla fine ho maturato la mia fede in Cristo. Sebbene l’apologetica sia diventata centrale nella mia fede subito dopo la conversione, non è stata l’apologetica ad attrarmi inizialmente al cristianesimo. Piuttosto, la predicazione del Vangelo si è intersecata con una più ampia esplorazione storica che avevo intrapreso. Questo viaggio storico aveva smascherato numerose falsità sulla storia del mio paese d’origine e rivelato inquietanti modelli di spiritualità oscura alla base di molti degli episodi più bui dell’umanità. È stato in questo contesto che la chiarezza e la speranza del messaggio evangelico hanno avuto un profondo impatto.
Tuttavia, conciliare la ricerca intellettuale con la fede cristiana mi è sempre sembrato importante e plausibile. Se Dio ha davvero creato ogni cosa, era ragionevole aspettarsi che ragione e logica non solo avessero senso all’interno di una visione biblica del mondo, ma la illuminassero ulteriormente.
Resistere alla falsa intellettualità
Negli ultimi decenni, molti cristiani sono diventati sempre più diffidenti nei confronti dell’impegno intellettuale, e non senza ragione. L’ascesa del razionalismo, del positivismo logico e dell’umanesimo secolare ha presentato una versione dell’intellettualismo fredda, riduzionista e ostile al soprannaturale. Queste filosofie spesso hanno respinto del tutto la sfera spirituale ed elevato la ragione umana al di sopra della rivelazione divina. Comprensibilmente, i cristiani hanno reagito, ma in molti casi lo hanno fatto ritirandosi completamente dalla vita intellettuale.
Invece di contrastare la falsa intellettualità con un ragionamento vero, fondato sulla Bibbia, molti hanno abbandonato la ricerca intellettuale a favore dell’esperienza e delle emozioni. Teologia e dottrina sono diventate sospette, persino divisive. In alcuni ambienti, il fervore emotivo ha sostituito l’esposizione accurata e le impressioni soggettive sono state erette al di sopra della verità oggettiva. La convinzione finisce per essere misurata più dall’intensità di una sensazione che dalla coerenza con la Scrittura.
Questo ritiro dall’impegno intellettuale ha lasciato la Chiesa vulnerabile a insegnamenti superficiali e confusione spirituale. Molti credenti ora non hanno gli strumenti per valutare ciò che ascoltano, accettando quasi tutto purché venga trasmesso con passione. Abbiamo, di fatto, risposto alla freddezza del razionalismo ateo con il calore di un misticismo insensato.
Ma la Bibbia non supporta questa falsa dicotomia. Ci chiama ad amare il Signore con tutto il nostro cuore, con tutta la nostra anima, con tutta la nostra mente e con tutte le nostre forze (Marco 12:30). Escludere la mente dal nostro discepolato significa rifiutare parte di ciò che Dio comanda. La vera fede cerca la comprensione; la vera adorazione include il pensiero. L’integrità intellettuale non è una minaccia per la spiritualità cristiana, ne è una parte essenziale.
La domanda più importante
La domanda più urgente a cui i cristiani devono rispondere con fiducia oggi è: “Perché scegli di credere nella Bibbia?”. La Scrittura esorta i credenti a essere sempre pronti a fornire una difesa ragionata della speranza che è in loro (1 Pietro 3:15). Eppure molti cristiani, quando vengono interrogati, ricorrono a risposte deboli e soggettive. “Sono stato cresciuto così” o “L’ho provato e funziona per me” sono risposte inadeguate in un mondo che premia coerenza, prove e ragione.
Affidarsi esclusivamente all’esperienza personale per convalidare la verità della Bibbia è un approccio rischioso. Sebbene le esperienze soggettive possano essere significative ed edificanti per i credenti quando sono in linea con la Scrittura, non sono un’esclusiva del cristianesimo. Il regno spirituale comprende influenze sia positive che negative, e individui di diverse fedi riportano esperienze profonde che rafforzano le loro diverse convinzioni.
Consideriamo la trasformazione di Malcolm X. Nato Malcolm Little nel 1925, condusse una vita segnata da attività criminali e fu incarcerato per furto e rapina nel 1946. Durante la sua prigionia, Malcolm incontrò gli insegnamenti della Nation of Islam (NOI), un movimento religioso che predicava l’autosufficienza dei neri e identificava i bianchi come demoni. Abbracciando queste dottrine, adottò il nome Malcolm X e visse una radicale trasformazione morale e personale, allontanandosi dai suoi passati comportamenti criminali e diventando un disciplinato e schietto sostenitore dell’emancipazione dei neri.
Le profonde esperienze personali di Malcolm X e i cambiamenti positivi nella sua vita erano profondamente legati alla sua fede negli insegnamenti della NOI. Tuttavia, questi insegnamenti divergevano significativamente dalla dottrina cristiana. Questo esempio dimostra che le esperienze spirituali trasformative non sono un’esclusiva del cristianesimo; anche individui di altre religioni possono sperimentare, e in effetti sperimentano, mutamenti che cambiano la vita, attribuendoli alla propria fede.
Ciò sottolinea l’errore di affidarsi esclusivamente alle esperienze soggettive per convalidare la verità della Bibbia. Le esperienze personali, sebbene significative, sono intrinsecamente soggettive e possono essere influenzate da varie forze spirituali. La Bibbia avverte che non tutte le esperienze spirituali hanno origine da Dio. Ad esempio, in Atti 16:16-18, Paolo incontra una schiava posseduta da uno spirito di divinazione, che identifica correttamente lui e Sila come servi del Dio Altissimo. Paolo scaccia lo spirito, dimostrando che anche rivelazioni spirituali accurate possono derivare da fonti ingannevoli.
Pertanto, sebbene le esperienze personali possano arricchire la fede di un credente e fornire un’affermazione personale, non dovrebbero costituire la base fondamentale per credere nella verità della Bibbia. I cristiani sono invece chiamati a fondare la propria fede sulle verità oggettive, storiche e teologiche della Scrittura. Come afferma 2 Timoteo 3:16-17: “Tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile a insegnare, a riprendere, a correggere, a educare alla giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona”.
Una difesa ragionata della Scrittura
Perché credo nella Bibbia? Beh, dato che questo articolo trae ispirazione da un discorso tenuto più volte da Voddie Bauchman (ecco un esempio), è giusto citarlo su questo punto specifico:
Scelgo di credere nella Bibbia perché è una raccolta affidabile di documenti storici scritti da testimoni oculari durante la vita di altri testimoni oculari. Riferiscono eventi soprannaturali accaduti in adempimento di specifiche profezie e affermano che i loro scritti sono di origine divina piuttosto che umana.
— Voddie Bauchman
Questa formulazione non è semplicemente un artificio retorico; riflette le affermazioni interne dei testi biblici stessi e regge a una rigorosa analisi storica.
Profezie avverate ed eventi soprannaturali
In 2 Pietro 1:16-21, l’apostolo Pietro affronta direttamente questo tema. Afferma che gli apostoli non seguirono “favole abilmente inventate”, ma furono “testimoni oculari della maestà di Cristo”. Racconta la trasfigurazione di Gesù – un evento a cui assistette personalmente – durante il quale Dio Padre affermò pubblicamente che Gesù era il Suo Figlio diletto. Questo momento non fu vissuto in privato né costruito sulla base di una leggenda orale; fu udito e visto da molteplici testimoni.
Pietro aggiunge poi che la Scrittura non è frutto di speculazioni umane. Piuttosto, “nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini parlarono da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo”. Questa affermazione racchiude sia l’autorità suprema che l’origine della Scrittura: non è un’invenzione umana, ma una comunicazione divina.
Affidabilità storica e testimonianza oculare
Il brano di Pietro è in linea con la più ampia testimonianza degli autori biblici. Luca inizia il suo Vangelo dichiarando la sua intenzione di scrivere un “racconto ordinato” basato sulla testimonianza di testimoni oculari e sulla sua attenta indagine (Luca 1:1-4). Giovanni scrive che ciò che proclama è ciò che lui e altri “hanno udito”, “visto con i [loro] occhi” e “toccato con le [loro] mani” (1 Giovanni 1:1). Paolo, in 1 Corinzi 15, ricorda ai suoi lettori che più di 500 persone hanno assistito alla risurrezione di Cristo – molte delle quali erano ancora in vita quando scrisse la lettera, rendendo la loro testimonianza pubblicamente verificabile.
In breve, la Bibbia non ci chiede di credere senza prove. Invita a esaminare e scrutare. Radica le sue affermazioni nella storia e fa appello alla credibilità di testimoni diretti. E, cosa ancora più notevole, presenta apertamente il soprannaturale, non come mito o metafora, ma come fatto. Pertanto, una difesa ragionata della Scrittura non solo è possibile, ma è profondamente convincente.
Evidenze testuali
Le affermazioni secondo cui “monaci troppo zelanti” abbiano deliberatamente alterato la Bibbia sono inverosimili se si considerano le ampie e ben documentate prove manoscritte a sostegno dell’integrità testuale del Nuovo Testamento. Con quasi 6.000 manoscritti in lingua greca, alcuni risalenti a pochi decenni dopo gli scritti originali, la documentazione dei manoscritti del Nuovo Testamento supera quella di molti altri testi antichi. Ad esempio, le “Guerre Galliche” di Giulio Cesare sono conservate in circa 75 manoscritti, il più antico dei quali risale a circa 900 anni dopo la sua composizione. Analogamente, la “Poetica” di Aristotele è sopravvissuta in 45 manoscritti, copiati prevalentemente nei secoli XV e XVI.
Opera | Data approssimativa di scrittura | Manoscritto più antico | Intervallo di tempo (anni) | Numero di manoscritti |
---|---|---|---|---|
Nuovo Testamento | 50–100 d.C. | ca. 125 d.C. | 25–75 | ~5.800 (solo in greco) |
Iliade di Omero | ca. 800 a.C. | ca. 400 a.C. | ~400 | ~1.900 |
Guerre galliche di Cesare | 100–44 a.C. | ca. 900 d.C. | ~900 | ~75 |
Platone | 427–347 a.C. | ca. 900 d.C. | ~1.200 | ~210 |
Tacito (Annali) | ca. 100 d.C. | ca. 1100 d.C. | ~1.000 | ~30 |
Erodoto | V sec. a.C. | ca. 900 d.C. | ~1.300 | ~75 |
Aristotele (Poetica) | IV sec. a.C. | ca. 1100 d.C. | ~1.400 | ~49 |
Tucidide | 460–400 a.C. | ca. 900 d.C. | ~1.300 | ~96 |
Per affermare in modo credibile che gli scribi abbiano sistematicamente alterato la Bibbia, si dovrebbe tener conto della modifica simultanea di migliaia di manoscritti greci, nonché di numerose traduzioni:
- Latino antico (circa 200 d.C.)
- Siriaco (Pescitta, 150-250 d.C. circa)
- Copto (sahidico, bohairico – c. 200-300 d.C.)
- Gotico (circa 350 d.C.)
- Armeno (circa 400 d.C.)
- Georgiano (circa 430 d.C.)
- Etiope (circa 500 d.C.)
Inoltre, i primi padri della Chiesa citavano ampiamente il Nuovo Testamento; i loro scritti da soli possono ricostruire quasi l’intero corpus neotestamentario. Coordinare alterazioni così estese senza lasciare traccia è storicamente insostenibile. L’enorme volume e la datazione precoce di questi manoscritti forniscono prove convincenti dell’affidabilità della trasmissione del Nuovo Testamento nel tempo.
Autore divino
Nessuna profezia della Scrittura proviene dall’interpretazione del profeta, perché nessuna profezia venne mai dalla volontà dell’uomo, ma degli uomini parlarono da parte di Dio, perché sospinti dallo Spirito Santo. — 2 Pietro 1:20-21
La Bibbia autocertifica la propria origine divina, e ciò non è un aspetto marginale del testo, ma un tema centrale e ricorrente. Espressioni come “Così dice il Signore”, “La parola del Signore mi fu rivolta” e “Dio parlò a Mosè, dicendo” compaiono centinaia di volte, soprattutto nei libri profetici e mosaici. I profeti non pretendevano di trasmettere opinioni o filosofie, ma messaggi provenienti dal Dio vivente. Anche gli scritti apostolici sono inquadrati come comunicazioni autorevoli provenienti da Dio attraverso i messaggeri incaricati da Cristo.
Nonostante il persistente scetticismo, la Bibbia dimostra in modo unico una notevole coerenza e corroborazione interna, su una vasta gamma di variabili. Fu scritta in tre lingue distinte – ebraico, aramaico e greco – da oltre 40 autori umani, distribuiti in tre continenti – Asia, Africa ed Europa – in un arco di circa 1.500 anni. Questi autori provenivano da percorsi di vita radicalmente diversi: re e pastori, profeti e pescatori, studiosi ed esattori delle tasse. Eppure, dalla Genesi all’Apocalisse, presentano una narrazione coerente della creazione divina, della caduta umana, della storia della redenzione e della restaurazione finale.
Tale unità non ha eguali nella storia della letteratura. Non si tratta semplicemente di un’impresa letteraria, ma di una forte testimonianza di un Autore divino che guida l’intero corpus. La coerenza dei temi teologici, la continuità dell’attesa e della realizzazione messianica, l’armonia intertestuale tra libri scritti a secoli di distanza: tutto ciò conferma la coerenza interna della Bibbia e la sua pretesa di essere non un’invenzione umana, ma una rivelazione di Dio.
Rispondere alle obiezioni scientifiche
Una delle obiezioni più comuni sollevate contro la credibilità della Bibbia, in particolare nel discorso laico moderno, è che non può essere dimostrata scientificamente. Questa contestazione in genere presuppone che qualsiasi cosa, a meno che non possa essere verificata con il metodo scientifico, debba essere considerata inaffidabile o soggettiva.
L’affermazione, tuttavia, si autoconfuta. Non è di per sé un’affermazione scientifica – non può essere verificata, osservata o misurata – eppure esige che tutte le verità soddisfino tale standard. In altre parole, fallisce la sua stessa verifica.
Inoltre, i fondamenti della scienza – logica, ragione e uniformità della natura – non sono scientificamente dimostrabili; sono presupposti filosofici. E gli aspetti più importanti della vita umana – moralità, amore, scopo e bellezza – sono al di là della portata della misurazione scientifica, eppure li consideriamo giustamente reali.
Sostenere che la scienza sia l’unica via per raggiungere la verità non è scientifico; è una posizione ideologica contraddittoria che restringe la portata della conoscenza e ignora le profonde verità rivelate attraverso la storia, la ragione e la rivelazione divina.
Pertanto, il metodo scientifico non è in grado di valutare eventi storici singoli e non ripetibili, come l’attraversamento del Rubicone da parte di Cesare, la caduta di Gerusalemme o la resurrezione di Gesù Cristo. Queste sono questioni di storia, non di chimica. Gli eventi storici, per loro stessa natura, sono irripetibili e non possono essere sottoposti a verifica empirica in senso scientifico.
Per valutare tali eventi, non ci affidiamo alla scienza, ma agli strumenti dell’indagine storica: testimonianze oculari, documenti scritti, conferme da fonti indipendenti, coerenza interna e il contesto più ampio in cui vengono formulate le affermazioni. E in queste categorie, la Bibbia eccelle.
Ad esempio, la resurrezione di Gesù non è un’affermazione suscettibile di sperimentazione scientifica: è un’affermazione storica. Per valutarla, verifichiamo se i documenti che la riportano siano affidabili, se i testimoni fossero credibili e numerosi, se le spiegazioni alternative siano insufficienti e se la resurrezione si integri nel più ampio quadro teologico e profetico della Bibbia.
Inoltre, la richiesta di “prova scientifica” viene spesso applicata in modo incoerente. Non richiediamo verifiche di laboratorio per la nostra fiducia in personaggi storici come Socrate o Alessandro Magno, sebbene le prove di documentali relative alle loro vite e alle loro parole siano scarse rispetto a quelle del Nuovo Testamento. Né pretendiamo ripetibilità per confermare eventi come la sconfitta di Napoleone a Waterloo o il discorso di Gettysburg di Abraham Lincoln. Ci affidiamo a testimonianze storiche affidabili, e giustamente.
Ciò che questo rivela è che l’obiezione non riguarda propriamente la scienza, ma l’autorità e la visione del mondo. La Bibbia non contraddice la vera scienza – anzi, molti dei primi scienziati erano cristiani, convinti che l’ordine e l’intelligibilità della natura indicassero un Creatore razionale. Come riconosciuto anche da studiosi laici:
“La filosofia della scienza sperimentale… ha iniziato le sue scoperte e ha utilizzato i suoi metodi nella fede, non nella consapevolezza, di avere a che fare con un universo razionale controllato da un creatore che non agiva per capriccio né interferiva con le forze che aveva messo in atto… la scienza… deve le sue origini a un atto di fede nel fatto che l’universo può essere interpretato razionalmente, e che la scienza odierna è sostenuta da tale presupposto”.
La Bibbia viene spesso respinta perché parla autorevolmente di verità spirituali e morali che mettono in discussione l’autonomia umana.
Pertanto, la risposta intelligente a tali obiezioni è chiarire le categorie: la scienza risponde alla domanda “Come funziona?”, mentre la Scrittura risponde a “Chi l’ha creato?” e ”Perché siamo qui?”. La Bibbia non è un testo scientifico, ma non è nemmeno antiscientifica. È storicamente ancorata, intellettualmente coerente e teologicamente solida. Parla con sincerità della natura del mondo e del posto dell’umanità in esso, non attraverso metodi di laboratorio, ma attraverso la rivelazione, la ragione e la storia della redenzione.
La chiamata a predicare, insegnare ed equipaggiare
Se vogliamo prendere sul serio le affermazioni della Bibbia su se stessa, allora pastori e insegnanti devono recuperarne e riaffermarne la sufficienza, non solo la sua infallibilità. La predicazione espositiva, impartita versetto per versetto e precetto dopo precetto, non è obsoleta; è essenziale. Permette alla Scrittura di parlare da sola, rispondendo alle domande più rilevanti della nostra cultura con autorità divina e precisione. Dall’affidabilità della Bibbia alla natura della verità, è attraverso la Scrittura che siamo completamente equipaggiati per ogni buona opera.
Ma la responsabilità non ricade solo su chi predica; appartiene a tutta la Chiesa. I credenti devono essere addestrati a dare una risposta sicura e ragionata sul perché credono nella Bibbia. Non è un compito impossibile. Tutt’altro.
Se crediamo che la Bibbia sia sufficiente, allora dobbiamo vivere e insegnare come se lo fosse. Ciò significa fondare la nostra fiducia nella sua verità, insegnare agli altri a fare lo stesso e lasciare che la parola di Cristo dimori in noi abbondantemente, non solo come conforto per l’anima, ma come verità per la mente.