Sin dai primi tempi della Chiesa, tre elementi della dottrina cristiana sono stati sotto attacco: la deità di Gesù Cristo (1 Giovanni 1-5), la salvezza per grazia soltanto (Galati 3:3-5), e la punizione eterna per coloro ai quali restano imputati i propri peccati (Isaia 66:24; Daniele 12:2; Matteo 25:41,46). Questi tre elementi dottrinali, che sono inconfutabilmente biblici, sono generalmente un modo pratico e veloce per identificare i culti, ovvero quei credi che sono apparentemente basati sul Dio biblico, ma che in realtà portano un messaggio diverso dal Vangelo di Gesù Cristo. I più famosi di questi culti sono, ad esempio, i Testimoni di Geova o i Mormoni. E coloro che negano la deità di Cristo, ovviamente negano del tutto la naturale pluralità di Dio, pluralità che nell’era Cristiana è stata chiamata Trinità, quando la natura triplice di questa pluralità è divenuta chiara.
Io, ovvero Noi
Nelle Scritture troviamo diversi episodi dove Dio parla in forma plurale, evidenziando la sua eterna pluralità. La maggior parte di queste manifestazioni plurali di Dio si trovano nel Vecchio Testamento. Il primo esempio è al principio della Bibbia
Nel principio Dio creò i cieli e la terra. (Genesi 1:1 NR2006)
In ebraico la parola che noi traduciamo Dio è Elohim. È una parola usata poco meno di 2600 volte nel Vecchio Testamento ed è una parola plurale, che letteralmente significherebbe dei. Eppure nella stragrande maggioranza dei casi questa parola è usata al singolare per indicare Dio: i verbi e i pronomi correlati sono sempre quelli che uno userebbe per la parola al singolare. È evidente l’ispirazione divina di tale utilizzo, perché non è pensabile che si tratti un errore grammaticale così grossolano, tra l’altro effettuato sistematicamente dai diversi autori dei diversi libri del vecchio testamento.
Ci sono poi passaggi in cui il Signore parla chiaramente al plurale. Un esempio è la creazione dell’uomo:
Poi Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, conforme alla nostra somiglianza, e abbiano dominio sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutta la terra e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». (Genesi 1:26 NR2006)
Si noti che in questo verso il Signore parla al plurale: “facciamo”, “nostra”.
La stessa cosa succede nell’episodio della torre di Babele, quando il Signore confonde le lingue:
Scendiamo dunque e confondiamo il loro linguaggio, perché l’uno non capisca la lingua dell’altro! (Genesi 11:7 NR2006)
Dal vecchio al nuovo
Nel nuovo testamento è più raro trovare il Signore che parla in forma plurale come nei passaggi precedenti; e il seguente è finora l’unico passaggio in cui l’abbia notato. In Giovanni 3:1-15 troviamo la famosa conversazione tra Gesù e Nicodemo riguardo la necessità di dover nascere di nuovo (o dall’alto, o dallo Spirito). Il Signore Gesù parla tutto il tempo in prima persona singolare, tranne che nel verso 11:
In verità, in verità ti dico che noi parliamo di ciò che sappiamo, e testimoniamo di ciò che abbiamo visto; ma voi non ricevete la nostra testimonianza. (Giovanni 3:11 NR2006)
L’uso del plurale è emozionante di per sé, ma è ancora più emozionante il motivo dietro questa scelta. Perché, di tutta la conversazione con Nicodemo, proprio in questo passaggio e questo passaggio soltanto, il Signore Gesù parla al plurale? «Noi», «abbiamo», «nostra». Esattamente come in quei passaggi della Genesi.
Due o tre testimoni
Il Signore è passato al plurale nel momento in cui ha dovuto ribadire la testimonianza che Egli porta nel mondo; ma quando lo fa, parla della Loro testimonianza, non della Sua.
Il motivo? Sta nell’ultima parola di quel verso; testimonianza:
Un solo testimone non sarà sufficiente per condannare un uomo, qualunque sia il delitto o il peccato che questi ha commesso; il fatto sarà stabilito sulla deposizione di due o tre testimoni. (Deuteronomio 19:15 NR2006)
(Altri riferimenti simili sono Deuteronomio 17:6, Matteo 18:16, 2 Corinzi 13:1, 1 Timoteo 5:19).
Del resto, la testimonianza del Signore nel mondo è questione di vita (grazia) o di morte (condanna); infatti:
Chi crede in lui non è giudicato; chi non crede è già giudicato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. (Giovanni 3:18 NR2006)
Per lo stesso motivo, il Signore, in Giovanni 8:16-18, ribadisce che non è da solo a portare testimonianza.
Gloria a Dio
È anche e soprattutto da questi dettagli che notiamo la Sua maestà: una testimonianza di un singolo sarebbe stata contraria alla Legge che Lui stesso ha dato a Israele e non gli avrebbe permesso di «adempiere ogni giustizia». Ma essendo Egli una pluralità, trino, può portare valida testimonianza da solo.