Nabeel Qureshi, nato il 13 aprile del 1983, ci ha lasciato il 16 settembre 2017, dopo poco più di un anno passato a battagliare — con fede e medici — un cancro aggressivo allo stomaco diagnosticatogli nell’agosto dell’anno scorso.

Mi rendo conto che Nabeel Qureshi potrebbe non essere molto — se non affatto — conosciuto in Italia, ma è mio sincero desiderio commemorarlo, avendo egli fatto parte della mia vita, del mio percorso di fede e del mio training (ancora e per sempre in corso) come apologeta. Pur non avendolo mai incontrato personalmente, Nabeel è stato più reale e influente nella mia vita di tantissimi altri.

A dimostrazione della grandezza di Dio, della natura della Chiesa e del lavoro dello Spirito Santo, il suo amore, sempre vivido in tutto ciò che faceva per servire il Signore, è arrivato fino a noi, e il bene che mia moglie e io abbiamo provato — e ancora proviamo — per lui è davvero grande. Altrettanto grande è la tristezza che sentiamo sapendo che non apparirà più sul suo canale YouTube, che non sarà più in giro per il mondo a evangelizzare e dibattere, che non scriverà più libri, che — in questa vita — non avremo possibilità di incontrarlo, e che non potrà essere il padre e il marito che desiderava tanto essere per Ayah e Michelle.

Ma il nostro conforto è in Dio e nel Vangelo di Cristo, che ci dà la certezza che Nabeel è vivo anche ora (2 Corinzi 5:1-8), che il suo dolore è finito, le sue lacrime asciugate per l’ultima volta, e che risorgerà con corpo glorificato per passare la vita eterna con tutti noi e col nostro Dio (Apocalisse 21:3), Colui che ci ha riscattati col Suo Sangue, il Signore Gesù Cristo.

Sappiamo pure che il Figlio di Dio è venuto e ci ha dato intelligenza per conoscere colui che è il Vero; e noi siamo in colui che è il Vero, cioè, nel suo Figlio Gesù Cristo. Egli è il vero Dio e la vita eterna. (1 Giovanni 5:20)

I sacrifici e la nuova famiglia

Riflettevo su alcuni versi e come un fulmine a ciel sereno mi sono reso conto quanto la seguente promessa di Gesù sia diventata realtà su vasta scala per Nabeel:

Gesù rispose: «In verità vi dico che non vi è nessuno che abbia lasciato casa, o fratelli, o sorelle, o madre, o padre, o figli, o campi, per amor mio e per amor del vangelo, il quale ora, in questo tempo, non ne riceva cento volte tanto: case, fratelli, sorelle, madri, figli, campi, insieme a persecuzioni e, nel secolo a venire, la vita eterna. (Marco 10:29-30)

La promessa di questo passaggio1 è chiara: se siamo costretti a voltare le spalle alle nostre famiglie terrene e ad abbandonare i nostri beni per amore di Gesù e del Vangelo, il Signore si prenderà cura di noi donandoci cento volte tanto di quelle stesse cose, sebbene dobbiamo aspettarci altrettante persecuzioni, come ci conferma anche 2 Timoteo 3:12.

Tante sono le cose che questo nostro fratello ha voluto e dovuto abbandonare nel momento in cui gli fu chiaro che, se veramente voleva Dio nella sua vita, doveva ravvedersi e donarsi a Colui che l’aveva riscattato: il Signore Gesù Cristo.

Nabeel era nato e cresciuto negli Stati Uniti (a parte una parentesi nel Regno Unito); padre e madre pachistani e musulmani, della denominazione pacifica Ahmadiyya. Per circa 22 dei suoi 34 anni, Nabeel è cresciuto alla classica maniera musulmana, dove la religione, la famiglia, le tradizioni e la comunità islamica definiscono ogni parte della propria vita. Da giovane adulto era particolarmente devoto e non esitava proclamare la propria fede e dibattere con cristiani su questioni religiose. Nei suoi studi universitari decise per medicina e il suo progetto era praticare la professione. Il Signore, però, aveva messo sulla sua strada David Wood, che Nabeel raccontava essere il primo cristiano nella sua vita che fosse stato capace di difendere la fede in maniera ragionata. I due divennero migliori amici e iniziarono a investigare Cristianesimo e Islam insieme, per anni, fino al momento in cui a Nabeel fu chiaro che non poteva avere Dio senza avere Gesù (1 Giovanni 2:23). Cosa fa a quel punto? Abbandona tutto. Pur conseguendo la laurea in medicina, sceglie di non fare più il medico e, lasciando l’Islam, perde molto di più di una vecchia fede ora scopertasi morta e inutile, ma viene tagliato fuori dalla comunità islamica, si crea nemici, porta disonore sulla propria famiglia, e incrina enormemente il rapporto idilliaco che aveva da sempre avuto proprio con quella famiglia che lui, ci raccontava, riteneva la più amorevole che qualcuno potesse mai desiderare di avere. Nel suo primo libro leggiamo come la sua conversione spezzò il cuore di entrambi i suoi genitori; per la prima volta in tutta la sua vita vide il padre piangere; la madre per anni ha avuto occhi tristi e tribolati quando lo incontrava; né madre né padre andarono al suo matrimonio e per un periodo i rapporti furono del tutto interrotti.

Vedete, rigettare la fede Islamica, soprattutto se lo si fa per convertirsi al Cristianesimo, non è affatto paragonabile a un italiano di famiglia cattolica che decide di proclamarsi ateo o buddista o persino musulmano. Nel migliore dei casi, un ex musulmano che diventa cristiano viene ripudiato dalla ormai disonorata famiglia e viene tagliato fuori dalla comunità islamica nella quale è stato cresciuto e amato. Nel peggiore dei casi, viene ucciso, poiché l’Islam ordina la morte per gli apostati. In media, si crea un gran numero di nemici, soprattutto se poi diventa un personaggio pubblico come Nabeel.

Per Grazia di Dio, comunque, negli anni i rapporti con la famiglia migliorarono, soprattutto dopo che il suo primo libro, Seeking Allah, Finding Jesus fu pubblicato e migliaia di persone in tutto il mondo iniziarono a pregare per loro. I genitori gli son stati vicini durante la battaglia col cancro e fino alla fine dei suoi giorni. Sono convinto che l’amore per il proprio figlio ha alla fine vinto su quella enorme offesa.

Ma torniamo alla promessa di Gesù. Cos’è successo nella vita di Nabeel dopo la sua scelta? Nabeel prese una laurea magistrale in apologetica alla Biola University (mentre era ancora a scuola di medicina), una in religione alla Duke University, una alla Oxford University, e stava studiando per un dottorato in Studi del Nuovo Testamento sempre alla Oxford University. Fu impiegato da Ravi Zacharias International Ministries ed era diventato un apologeta di spicco, tenendo conferenze in tutto il mondo, e dibattendo con apologeti islamici di spicco, come Shabir Ally. Ma più di tutto, Nabeel era diventato un predicatore fervente, desideroso di coprire il globo con la buona novella di Cristo. Tuttavia, Nabeel si era mantenuto umile, aveva sempre avuto l’amore e la pace come motivazione principale, e aveva una miriade di amici e di persone che gli volevano realmente bene. La sua famiglia in Cristo era numerosissima, e aveva una moglie e una figlia che adorava. E ancora adesso, ci sono persone in tutto il mondo, da teologi di spicco a persone comuni come noi, che piangono per la sua dipartita e pregano per i cari che Nabeel ha lasciato qui. Durante la sua battaglia col cancro, decine di migliaia di persone in tutto il mondo gli hanno mostrato amore, supporto, e hanno pregato e digiunato per lui. La sua chiesa locale gli è stata vicino. I suoi amici gli sono stati vicino. Nabeel era stato benedetto con cento volte tanto ciò che si era lasciato alle spalle. Letteralmente. Amava il prossimo e l’amore di Dio era stato riversato nella sua vita tramite una quantità incredibile di persone. La sua vita è stata piena, il suo ministero imperterrito ed efficace, la sua fede incrollabile.

A lui possono di certo essere applicate le parole di Paolo, quando disse:

Ho combattuto il buon combattimento, ho finito la corsa, ho conservato la fede. (2 Timoteo 4:7)

E sono sicuro che Dio gli ha detto:

Va bene, servo buono e fedele; sei stato fedele in poca cosa, ti costituirò sopra molte cose; entra nella gioia del tuo Signore (Matteo 25:21,23)

Nabeel nella mia vita

La prima volta in assoluto che ho “incontrato Nabeel” è stato quando lessi la sua testimonianza. Tuttavia, all’epoca, “Nabeel Qureshi” era solo un nome con un altro e non l’avevo affatto memorizzato. Fu solo quando, nel novembre del 2013, vidi la sua presentazione al Georgia Tech, dove racconta anche parte della sua testimonianza, che lo ricollegai a ciò che avevo precedentemente letto. Imparai tanto da quella presentazione: il suo carattere sempre rispettoso e amorevole; il suo amore per Gesù, le persone e la verità; il suo rigore accademico; il collegamento tra il titolo “Figlio dell’Uomo” che Gesù usa nei vangeli e il “figlio dell’uomo” di Daniele 7. Di lì in poi, l’ho sempre seguito in giro per i social media, tra dibattiti, presentazioni di libri, interviste, predicazione di strada, etc. Due volte ho anche avuto un (brevissimo) botta e risposta con Nabeel, su Twitter; la prima volta riguardava l’esegesi di Romani 7 (soprattuto la parte finale, vv. 14-25), sulla quale eravamo in disaccordo 😊. La seconda lui chiedeva a tutti di pregare per i suoi genitori, poiché la sera aveva una cena con loro, quando i rapporti erano ancora difficili; io gli risposi che avrei pregato affinché credessero al vangelo, e lui ringraziò. Poi l’agosto scorso arrivò la triste notizia, e mia moglie ed io abbiamo seguito il suo percorso durante la lotta contro il cancro su YouTube, fino alla dolorosa notizia della sua dipartita.

Cosa mi lascia Nabeel? Tanto. Nabeel aveva un brillante intelletto e da lui ho imparato teologia, apologetica, filosofia. Ma la sua eredità non è quella dell’apologeta medio; Nabeel aveva l’immagine di Cristo impressa su di lui, il suo amore, il suo parlare bilanciato erano sempre evidenti. La sua adorazione per Cristo fluiva in ogni cellula del suo corpo; la sua passione per il vangelo era contagiosa; la sua umiltà costante, nonostante fosse ormai famoso; il suo rispetto per coloro che lo confrontavano con credi e worldview diversi era sovrabbondante. All’apologeta medio può capitare spesso di essere così concentrato a confutare le obiezioni e le posizioni altrui, da perdere di vista il punto centrale della nostra fede: l’amore verso il prossimo e la proclamazione del vangelo. Ciò che invece rendeva Nabeel un eccellente apologeta era il suo amore e desiderio di raggiungere le persone col Vangelo di Gesù Cristo, del quale era un appassionato predicatore; era il fatto che per lui l’apologetica non era una disciplina fine a sé stessa, come è praticata da molti, ma parte integrante della più onorevole chiamata alla proclamazione della Buona Novella.

Ciò che Nabeel mi lascia è l’esempio di un servo fedele e appassionato, fino alla morte, e nel mezzo di un male terribile che nemmeno solo per un attimo ha rimosso lo splendore dell’amore di Cristo dal suo volto.

Nabeel ha fatto decisamente risplendere la sua luce davanti agli uomini (Matteo 5:14-16). Ringrazio Dio per la sua vita e per l’impatto che ha avuto sulla mia.

L’eredità di Nabeel

(contributo di mia moglie Manuela)

Our God is a God of love

Le ultime parole registrate di Nabeel suonavano come un vero e proprio testamento, come un padre che sa di lasciare ai figli una eredità. E la sua eredità a noi è stata questa: il Nostro Dio è un Dio di amore. Questo è ciò che deve continuare a guidarci e ad essere primario nelle nostre intenzioni.

Non sono parole a caso, né sono banali. Esse racchiudono in sé l’essenza di Dio: Amore. In questo mondo dove l’amore ha acquisito tanti significati, noi dobbiamo ricorrere a Dio e al Suo esempio per apprendere cosa sia davvero. E Nabeel l’aveva compreso quando ha guardato negli occhi il suo Salvatore.

In verità, in verità vi dico che se il granello di frumento caduto in terra non muore, rimane solo; ma se muore, produce molto frutto. (Giovanni 12:24)

La morte di Nabeel ha davvero scosso la terra sotto i nostri piedi. Avevo conosciuto Nabeel più di recente, tramite i suoi video, quando il suo male era appena stato diagnosticato e lui ha deciso di renderci partecipi del suo viaggio. Da subito ho sentito un trasporto verso Nabeel, puro e fraterno, fatto di preghiere e speranze e a volte addirittura di sicurezza che il suo cammino non dovesse finire ora, non in questo modo. Abbiamo fatto digiuno, abbiamo pregato tanto e con le lacrime. Ma Nabeel è morto. Ed ogni cosa per me è stata messa in discussione. Ogni certezza era crollata, i sentimenti sono stati un mare in tempesta, le nostre forze abbattute, la nostra fede messa alla prova.

Signore io non so nulla.

Una mattina, mentre ero in preghiera, quel verso del vangelo di Giovanni è tornato nella mia mente. E ho capito che noi non sappiamo nulla. Ma Dio sa tutto e lo sa sotto una luce di bene, per il bene di chi appartiene a Lui. Ed ecco che, da quando Nabeel è morto, siamo tornati a servire il Signore in preghiera, a lodare il Signore con la lettura della Sua Parola. Siamo tornati ad adorarlo attraverso il canto, nelle nostre conversazioni non c’è altro che Gesù. La Sua Parola è emozione, progresso, saggezza e grande grande gioia per noi. Non lo era da tanto, venivamo da un periodo di crisi e di siccità spirituale; ma ecco, lo è di nuovo e pure più di prima. La morte di Nabeel è stata per noi beneficio. Seppure nelle lacrime, nel dolore per la sua scomparsa, ecco i benefici, ecco le benedizioni, ecco il desiderio di stare ancora più vicino a quel Dio che apparentemente non ha risposto alle nostre preghiere di guarigione. Eppure lo ha fatto. Quel granello è caduto e noi beneficiamo del suo frutto. E non solo noi. Ci sono migliaia e migliaia di messaggi come il nostro: persone che sono arrivate a Cristo, persone che sono state incoraggiate a proclamare il vangelo con più passione, persone che hanno sentito il loro amore crescere l’uno per l’altro e tutti per Dio. Persone che erano fredde, sono tornate ad essere calde. Persone che credevano di vivere una perfetta vita cristiana, adesso la mettono in discussione per il bene e non per il male.

Certo, in quel verso, Gesù parla di se stesso. È Lui il granello che cade in terra e, morendo, produce tanto frutto. Ma tutti noi, in quando nascosti in Cristo, condividiamo la sua vita gloriosa. E Nabeel ha seguito il Suo maestro ed è diventato come lui, come dicono le Scritture. E noi ne abbiamo beneficiato. Quale prezzo da pagare per il beneficio dei suoi fratelli! Nabeel lo ha pagato suo malgrado, eppure ecco, Dio lo ha permesso in lui per noi, ha prodotto dalla sua morte un grande bene. Per noi tutti, che ancora rimaniamo, che ancora abbiamo da compiere quel bene che Egli ha preparato per noi da portare a termine (Efesini 2:10). Gloria a te, o Signore, che operi in ognuno di noi il bene, che porti favore e beneficio dalla morte, di Cristo per primo e di ognuno di noi a seguire. Possa il Signore creare in noi il desiderio o semplicemente l’ubbidienza di sacrificare le nostre vite per il bene l’uno degli altri (Giovanni 15:13). Amen.

Il suo funerale

Per coloro che si destreggiano bene con l’inglese, potete guardare il funerale di Nabeel, che è stato trasmesso in diretta streaming il 21 settembre 2017 alle 10:00 (CDT) dalla First Baptist Church di Houston, Texas. Io e circa altre 15 mila persone eravamo online. Ho pianto, ho pianto tanto per questo caro fratello. Ma ricordiamoci che Nabeel vive, poiché questo ha detto Dio:

“Io sono il Dio di Abraamo, il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe”? Egli non è il Dio dei morti, ma dei vivi». (Matteo 22:32)

e ancora

Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà mai. Credi tu questo?» (Giovanni 11:25-26)

Pregate

Pregate per Michelle, vedova di Nabeel, e sua figlia Ayah. Pregate anche per la mamma, il papà e la sorella di Nabeel, ancora persi nella fede islamica. Che la testimonianza del loro figlio possa portarli alla verità del Signore Gesù.

Per saperne di più

Se volete conoscere di più riguardo questo caro fratello, potete leggere i suoi libri, disponibili (in inglese, non tradotti in italiano) su Amazon Italia, potete cercare “Nabeel Qureshi” su YouTube, o semplicemente iniziare dalle seguenti risorse (sempre in inglese):


  1. Passaggio che solo ora, mi rendo conto, Nabeel aveva incluso in una delle prime stesure della sua testimonianza, dicendo «per il momento, la mia perdita [rottura dei rapporti con la famiglia, Ndt] dovrà essere confortata dalle Sue parole che troviamo in Marco 10:29-30»