L’apostolo Paolo ci dice che noi mariti dobbiamo amare le nostre mogli come anche Cristo ha amato la Chiesa (Efesini 5:25), con un amore sacrificale, preparati a morire per loro, e sempre pronti a perdonare tutto ciò che hanno fatto e mai faranno di sbagliato (Colossesi 2:13; Ebrei 10:4), perché questo è ciò che Gesù ha fatto e fa ogni giorno con la Chiesa. Dobbiamo essere preparati a essere feriti e colpevolizzati dagli sbagli delle nostre mogli, o persino a causa di essi; il tutto in silenzio, senza lamentarci, perché questa fu l’attitudine di Gesù mentre andava alla croce per pagare i nostri peccati (Isaia 53:7). Anche Pietro ci dice che l’amore copre una gran quantità di peccati (1 Pietro 4:8). L’apostolo, in realtà, cita un passaggio dal libro dei proverbi (Pr 10:12) e ci ricorda che il vero amore cerca sempre di perdonare e di non ritenere responsabili per le loro colpe coloro che ci offendono. Il vero amore cerca e fa la pace, laddove il mondo normalmente cerca lo scontro e causa divisioni. L’amore non addebita il male, dice di nuovo Paolo (1 Corinzi 13:5). In una traduzione più letterale leggeremmo «l’amore non porta il conto delle malefatte». In sintesi, l’amore non compila la lista degli sbagli altrui, ma li lascia cadere nel dimenticatoio.

È stato quando ho ponderato tutti questi versi durante le mie letture degli ultimi giorni che ho avuto un’immagine nella mia mente. L’ambientazione era nell’antico Medio Oriente. C’era una donna, una sposa, una moglie; aveva fatto male, qualcosa abbastanza grave dal vederla condannata alla pena capitale per mezzo di frustrate. Era inginocchiata in una strada brulicante e polverosa, le mani a coprire la sua testa, piangendo e impaurita, sapendo di averlo meritato, eppure sempre desiderosa di non morire. Non appena il soldato le si avvicina per frustrarla a morte, ecco che il marito della donna arriva correndo, le si getta addosso, coprendola, facendole da scudo col suo corpo. Non c’è modo di allontanarlo, si è avvinghiato alla moglie. Il soldato decide di colpire ugualmente. Durissimi colpi vanno a segno, ma sul corpo dell’uomo; sua moglie non viene nemmeno sfiorata, essendo coperta interamente dal marito. Lei inizia a piangere per il marito, che soffre un dolore atroce, diventando, colpo dopo colpo, sempre più debole. Il suo sangue è ovunque, eppure sorride alla moglie: sa che la sua morte avrebbe soddisfatto la giustizia secondo la legge del posto, e la moglie sarebbe sopravvissuta, indenne, coperta dal suo amore. Le lacrime della donna erano ora dovute a un misto di gratitudine e stupore allo stesso tempo. Già, perché la pena capitale era stata pronunciata a causa del suo adulterio.

In sostanza è ciò che Cristo ha fatto per noi (Isaia 53). Si è messo tra Dio e noi, e si è caricato tutte le nostre colpe. È stato umiliato, insultato, torturato, e infine ucciso tramite la più crudele pena capitale che l’uomo abbia mai concepito. Egli, la parte offesa, era totalmente innocente, eppure ci ha amato fino alla fine (Giovanni 13:1), dando volontariamente la Sua vita per noi (Giovanni 10:17-18); noi, che invece siamo colpevoli di ogni cosa (Giacomo 2:10). Ma grazie e lode siano rese a Dio, perché Gesù è risorto (1 Corinzi 15:4); e sia per la Sua innocenza che per la Sua divinità, la morte non poté trattenerlo (Atti 2:24). Ora tutti coloro che si ravvedono e ripongono la propria fiducia in Lui sono giustificati gratuitamente per la grazia di Dio (Romani 3:24).

Noi mariti Cristiani abbiamo uno standard gigantesco da emulare. E possiamo farlo soltanto arrendendo le nostre vite totalmente a Dio, e camminando nel Suo Spirito.

Cristo è un Salvatore e uno Sposo amorevole. Siate come Lui: siate dei mariti amorevoli per le vostre mogli. Ogni giorno, impegnatevi di più, pregate di più, negate voi stessi di più. Talvolta può essere difficile, e per esperienza personale so che si può fallire ripetutamente. Ma Dio è fedele e non ci lascerà nella condizione in cui siamo, soprattutto se Lui è la più alta priorità nella nostra vita.

Lode a Dio, per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo.