Perciò il Signore stesso vi darà un segno: Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio e gli porrà nome Emmanuele (Isaia 7:14 LND)

Forse non v’è profezia più controversa nel Vecchio Testamento. Molti teologi liberali rigettano la nascita verginale di Gesù come semplice leggenda,1 i Giudei ne negano la validità e i non credenti la deridono come esempio della stupidità necessaria al fiorire della Cristianità.

Eppure uno studio attento della storia di Israele, delle sue leggi di eredità e della promessa che Dio fece al Re Davide dovrebbero portare anche il più scettico degli studiosi a concludere che la nascita verginale di Gesù era necessaria affinché Egli potesse: 1) essere Dio e uomo allo stesso tempo; 2) essere pienamente uomo ma senza peccato, per essere Redentore dell’umanità; 3) avere diritto legittimo a ereditare il Trono di Israele.

Vediamo tutto, passo passo.

Dio e uomo

Gesù doveva essere Dio per perdonare i nostri peccati. Nessun mero essere umano può farlo. Infatti, una delle accuse che Gli fu levata contro è quella di blasfemia a causa del suo reclamare l’autorità di perdonare i peccati, una prerogativa di Dio soltanto:

Gesù, veduta la loro fede, disse al paralitico: «Figliolo, i tuoi peccati ti sono perdonati». Erano seduti là alcuni scribi e ragionavano così in cuor loro: «Perché costui parla in questa maniera? Egli bestemmia! Chi può perdonare i peccati, se non uno solo, cioè Dio?» (Marco 2:5-7)

Gesù, per provare di possedere tale autorità, guarì il paralitico (Marco 2:8-12) davanti agli occhi dei suoi accusatori. La guarigione immediata era prova incontrovertibile della Sua autorità divina.

Ma Gesù doveva essere anche pienamente umano per redimerci. Le leggi di riscatto richiedevano che fosse un parente prossimo a redimere ciò che era stato perduto (Levitico 25:24-25). Questo parente prossimo, per avvalersi del diritto di riscatto, doveva essere qualificato, in grado e disposto al riscatto.2

Infatti, quando Adamo perse (Genesi 3) il dominio che Dio gli aveva dato sulla terra (Genesi 1:26),3 condannando la sua progenie a un mondo corrotto dal peccato, solo un suo parente prossimo avrebbe potuto redimere la sua proprietà (la Terra) e la sua progenie (la razza umana). Anche se in modi ovviamente diversi, sia Adamo (Luca 3:23-38) che Gesù (Luca 1:35) erano uomini il cui padre era direttamente Dio. Ecco perché Paolo si riferisce a Gesù come l’ultimo Adamo (1 Corinzi 15:45). Ed ecco un primo motivo per cui la nascita verginale si rende necessaria.

Inoltre, le leggi sacrificali domandavano lo spargimento di sangue innocente per il perdono dei peccati (Ebrei 9:22). Ma i sacrifici degli animali erano insufficienti a togliere il peccato una volta e per sempre; per fare ciò, il sangue del Redentore era necessario. Il Redentore doveva essere innocente (Giovanni 1:29-34; 2 Corinzi 5:21), e pertanto nato senza peccato; e anche per questo la nascita verginale era necessaria.

E per finire, siccome era la sua stessa vita a dover essere offerta, il Redentore poteva essere soltanto Qualcuno che ci amasse come Dio ci ama (Giovanni 3:16). Questo è il vero test per il Redentore dell’umanità. Vedere Gesù come qualificato e capace di redimerci è facile; dopotutto è il Figlio di Dio. Ma riconoscere che Egli fosse anche disposto a lasciare il suo trono celeste per scambiare la sua vita perfetta con le nostre dovrebbe renderci molto più umili. Che sorta di amore è stato necessario affinché Egli scegliesse volontariamente di soffrire i dolori e le umiliazioni richieste per redimerci?

L’uomo che sarà Re

Per la mia mente logica, la questione regale è il fatto più intrigante in relazione alla necessità della nascita verginale: infatti la legittimità del diritto di Gesù al trono di Davide secondo le regole di successione è imperniata su due cavilli tecnici che possono essere soddisfatti solo se Gesù è nato sovrannaturalmente da Maria vergine.

Il primo è che Dio promise a Davide che qualcuno della sua famiglia avrebbe regnato su Israele per sempre. Davide voleva costruire la casa di Dio, ma Dio declinò dicendo che sarebbe stato un uomo di pace a farlo, mentre Davide era un uomo di guerra. Così Dio scelse Salomone, il figlio di Davide, per costruire il Tempio; la pace che Israele conobbe sotto il regno di Salomone non vi era mai stata prima e non vi è più stata da allora. Tuttavia, per alleviare la delusione di Davide (che tanto desiderava costruire la Casa di Dio), Dio promise a Davide di costruire a lui una casa, rendendo la sua dinastia eterna (1 Cronache 17:1-14). Da allora in poi, un discendente di Davide (attraverso il ramo della famiglia di Salomone) avrebbe occupato il trono di Israele. Tuttavia, quattrocento anni più tardi, durante il tempo della cattività Babilonese, questi re erano già diventati ribelli verso Dio, tanto che a un certo punto il Signore maledì la linea regale e nessuno dei figli di questi avrebbe più occupato il trono in Gerusalemme (Geremia 22:28-30). L’ultimo re di Israele a essere legittimo fu Ioiachin (anche chiamato Ieconia), che regnò per soli tre mesi nel 598 a.C. Dio ha forse infranto la promessa fatta a Davide?

Il secondo cavillo tecnico riguarda il diritto di eredità in Israele. Dio aveva stabilito che gli Israeliti non potevano vendere o cedere la porzione di terra data alle loro famiglie durante il periodo di Giosuè:

perché la terra è mia e voi state da me come stranieri e ospiti. (Levitico 25:23)

È da questa dichiarazione che poi deriveranno le regole di eredità e di riscatto. La terra di famiglia era tramandata di padre in figlio e se uno dei figli la perdeva, toccava al fratello riscattarla, così che la famiglia non perdesse la propria eredità. E fin qui, non una grinza.

Note a caratteri piccoli

Alla fine del libro dei Numeri ci ritroviamo una situazione particolare. Un uomo muore lasciando quattro figlie, ma niente figli maschi; le figlie allora andarono da Mosè lamentandosi che, senza un fratello come legittimo erede, avrebbero perso la terra di famiglia. Così Mosè interrogò il Signore, il quale decretò che in mancanza di figli maschi le figlie potevano ereditare la terra di famiglia, a condizione, però, che si sposassero con qualcuno di una famiglia appartenente alla loro stessa tribù (Numeri 36:1-9). Così facendo, si sarebbe preservata l’assegnazione delle terre per tribù e nessuna di queste avrebbe mai perso le terre originariamente assegnatele.

Perché è importante questo dettaglio tecnico? Per capirlo, diamo un’occhiata alle genealogie di Gesù presentate nei vangeli di Matteo e Luca. Nel primo caso (Matteo 1:1-17) vediamo che Giuseppe, marito di Maria, discendeva da Salomone, il ramo regale che era però stato maledetto dal Signore; e il padre di Giuseppe è indicato come Giacobbe. Nella seconda genealogia (Luca 3:23-28), invece, il padre di Giuseppe è riportato come Eli e la discendenza è diversa da quella presentata in Matteo fino a Natan, fratello di Salomone. Da quel punto in poi, ovviamente, riprende da Davide ed è uguale alla restante porzione di ramo familiare presentata in Matteo.

La differenza sta nel fatto che la genealogia di Matteo ci presenta il padre naturale di Giuseppe, infatti dice:

Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù, che è chiamato Cristo. (Matteo 1:16)

La genealogia di Luca, invece, ci presenta il padre legale di Giuseppe, ovvero il padre naturale di Maria.

Uno studio dettagliato permette di scoprire che Maria non aveva fratelli,4 facendola così ricadere nel caso particolare della legge di Mosè col quale abbiamo aperto questo paragrafo. Dalle genealogie scopriamo che sia Maria che Giuseppe erano della stessa tribù (di Giuda, entrambi discendenti di Davide), quindi sposando Giuseppe, Maria aveva ora diritto a ereditare la terra della propria famiglia.

E qui viene l’interessante parte legale. Giuseppe apparteneva alla ramo regale che fu maledetto dal Signore, perciò nessuno dei suoi figli naturali poteva ereditare il trono di Israele, nonostante discendenti di Salomone. Ma per la legge mosaica, Giuseppe, sposando Maria, assicurava a quest’ultima il diritto a ereditare la terra di famiglia e garantiva a suo figlio, Gesù, il diritto al trono di Davide. Infatti, avendo Maria sposato Giuseppe, Gesù diventò per la legge ebraica figlio anche di Giuseppe.

Questo passaggio intricato porta Gesù uomo in una condizione unica: tramite il ramo di Giuseppe acquista diritto legale al trono di Davide, ma non essendo figlio naturale di Giuseppe, scavalca la maledizione della linea regale, pur rimanendo discendente biologico di Davide, tramite il ramo di Maria.

Tutto questo perché Dio si è sottomesso alla Sua stessa Legge e quindi ha garantito legittimo diritto al trono a Gesù come uomo sotto la Legge. E Dio mantiene anche sempre la Sua Parola, perciò non avrebbe mai infranto la promessa fatta a Davide, nonostante la maledizione sulla linea regale di Salomone.

Dio non è un uomo, da poter mentire, né un figlio d’uomo, da doversi pentire. Quando ha detto una cosa non la farà? O quando ha parlato non manterrà la parola? (Numeri 23:19)

Ritorneremo dopo l’intervallo

Negli ultimi 2600 anni circa, Gesù è, come uomo, l’unico ad avere legittimo diritto al trono, essendo discendente naturale di Davide e appartenendo alla linea regale di Salomone, senza aver però ereditato la maledizione di quest’ultima.

Ioachin fu l’ultimo re legittimo di Israele. Come già detto, mentre un discendente di Davide era ancora seduto sul trono di Gerusalemme, Dio dichiarò (Ezechiele 21:30-32)5 che avrebbe sospeso la linea di successione Davidica «finché non venga colui a cui appartiene il giudizio e al quale lo rimetterò» (Ezechiele 21:32),5 un chiaro riferimento al Messia. Questa dichiarazione fu poi confermata a Maria:

L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco, tu concepirai e partorirai un figlio, e gli porrai nome Gesù. Questi sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo, e il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre. Egli regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine». (Luca 1:30-33)

Certo, sappiamo che durante la prima venuta di Gesù questo non si è avverato, ma solo perché rimandato alla seconda venuta:

«Quando il Figlio dell’uomo verrà nella sua gloria con tutti gli angeli, prenderà posto sul suo trono glorioso. (Matteo 25:31) Il Signore sarà re di tutta la terra; in quel giorno il Signore sarà l’unico, e unico sarà il suo nome. (Zaccaria 14:9)

Alleluja!


Liberalmente tradotto e adattato da The Virgin Mary Had a Baby Boy, di Jack Kelley.


  1. Infatti noi abbiamo citato la profezia da “La Nuova Diodati” (LND), anche se la nostra traduzione di riferimento è solitamente la “Nuova Riveduta”. Questo perché quest’ultima traduce, erroneamente, giovane al posto di vergine. La parola ebraica oggetto di disputa è עַלְמָה (almah), che può significare sia “giovane” che “vergine”. È chiaro che lo Spirito Santo ha ispirato Isaia nell’usare questa parola perché, come tutte le profezie a lungo termine, anche questa avrebbe avuto ed ebbe un adempimento parziale (nel figlio di Isaia, partorito appunto da una giovane) e quindi la parola doveva essere adeguata per entrambi gli adempimenti. Ma ci sono almeno due buone motivazioni del perché la traduzione corretta è “vergine”. Innanzitutto, che segno miracoloso sarebbe mai stato se il Messia fosse nato da una giovane? Giovani donne hanno partorito bambini da quando esiste il mondo. Secondo, la Septuaginta (traduzione del Vecchio Testamento in Greco Koinè) fu completata nel II secolo a.C. (quindi ben prima della venuta di Gesù) e traduce almah con parthenos, che significa appunto vergine, ed è la stessa parola usata nei vangeli, scritti anch’essi in Greco Koinè, usato dai tempi di Alessandro Magno fino ai tempi dell’impero romano. 
  2. Per esempio, un parente prossimo che fosse dimostratamente tale, e che avesse la somma necessaria al riscatto, ma che non volesse riscattare la proprietà del suo parente, non veniva considerato un riscattatore
  3. La Bibbia ci insegna che persino ora tale dominio è nella mani del maligno (1 Giovanni 5:19). 
  4. Innanzitutto, la mancanza di fratelli per Maria era condizione necessaria affinché Gesù avesse, come uomo, diritto al trono di Israele. In seconda istanza, il fatto che Gesù, dalla croce, affidi la cura di Maria all’apostolo Giovanni (Giovanni 19:26-27) è segno che ella fosse senza fratelli, perché altrimenti è a questi, secondo il costume ebraico, che sarebbe spettato tale compito. 
  5. Ezechiele 21:25-27 LND. Nel testo Greco della Septuaginta 21:6-37 è numerato come 21:1-32, da cui la discrepanza numerica dei versi tra “La Nuova Diodati” (LND) e “Nuova Riveduta” (che usiamo nella maggioranza dei riferimenti).